Ci sono romanzi che non urlano, ma ti penetrano come certi silenzi che parlano più di mille parole. La stagione delle effimere - come lo sono alcune verità - è uno di quei libri rari che riescono a coniugare delicatezza narrativa e profondità emotiva in modo sorprendente. Il protagonista, Johannes, è un uomo apparentemente come tanti, la cui infanzia è segnata da un lutto improvviso e da un silenzio ostinato: quello degli adulti attorno a lui, che non hanno saputo – o voluto – spiegargli cosa fosse davvero accaduto. Johannes è cresciuto con un padre assente, fino a che anche lui scompare nel nulla. Solo molti anni dopo, un’eredità e una lettera inattesa lo spingono a fare ritorno nei luoghi della sua infanzia, nell’ex Germania Est, per affrontare le zone d’ombra della propria storia familiare. Una ricostruzione lenta, fatta di incontri, vecchie fotografie e mezze verità , con la DDR e i suoi fantasmi ancora sullo sfondo.
Jügler scrive con una voce misurata, trattenuta, che lascia spazio alle pause e agli spazi bianchi: come quando si pesca. Ogni parola è calibrata, ogni pagina pulsa di emozioni sottili. è attraverso piccoli gesti concreti che la memoria torna a respirare: come la pesca con le esche di effimere, minuscoli insetti che vivono solo un giorno, che diventano metafora potente di una tenerezza che sembra poter rinascere anche dopo anni di distanza. Un momento semplice, condiviso tra due uomini ora adulti che si sono appena ritrovati e che, forse, per la prima volta possono riconoscersi.
Un romanzo che riesce a commuovere senza cercare la commozione, e a interrogare il lettore senza offrire risposte semplici. Una storia potente e gentile, persino necessaria, perché getta luce su tragici eventi realmente accaduti, magari con meno poesia.
Paola